CANTIERE MULTIPOLARE: Dopo il Fuoco. Aleksey Guintovt — Sull'arte contemporanea
La distruzione dell’arte-mercato, delle sue gallerie, delle sue mostre-spettacolo, delle sue liturgie mondane per la borghesia globale, ha bisogno di martelli — ma non per colpire le opere, bensì per infrangere i loro altari d’oro. L'oggetto va liberato dalla sua funzione feticistica, restituito alla sua intensità originaria. Il gesto va riconsegnato alla sua fonte: atto puro, senza aspettativa né riproduzione. I musei vanno svuotati del loro potere d'incanto; le immagini, spogliate della loro aura sacrale, vanno attraversate, smascherate.
Il gesto artistico non produce oggetti: brucia l'oggetto stesso, come Dioniso nel grembo di Sèmele. E che sia anche l'artista a bruciare, sé stesso, la sua vanità, la sua firma. Non per nichilismo, ma per verità. L'arte non ha autori: ha officianti. Non produce carriere: trasforma mondi.
L'arte multipolare nasce nei punti di torsione dell'anima — non è né orientale né occidentale: è verticale. Arte dell'istante: atto che si compie e subito si dissolve. L'opera non è il quadro, né la scultura: è la fenditura, è il varco, è l'apertura.
Se Dioniso è fuoco che brucia il tempo, Atena è la chiarezza che lo trafigge. Nell'arte dell'istante, il caos si condensa in forma. L'arte non sceglie tra Dioniso e Atena, tra il fuoco e la forma: li attraversa entrambi. Come in un rituale, in cui il delirio divino si concentra in un colpo esatto, in un istante perfetto che brucia e si dissolve.
Il mercato non è un incidente dell'arte: è la sua mutazione genetica. L'opera non nasce più dal grembo del sacro, ma dal ventre sterile del sistema economico. Si è spezzato il legame tra arte e vita, tra artista e comunità, tra gesto e mondo.
Il mercato ha compreso che la miglior forma di controllo è l'estetizzazione del dissenso: ogni rottura viene integrata, ogni gesto radicale rivestito d'oro. Finché l'arte sarà concepita come prodotto firmato, come investimento, non ci sarà rivoluzione. Solo quando l'opera tornerà ad essere un gesto senza ritorno, un dono che non si conserva, allora il martello avrà colpito nel punto giusto. La rivoluzione politica, estetica, storica, non genera nuovi simboli se l'artista non torna ad essere un ponte — tra il cielo e la materia, tra il popolo e il mistero. La rivoluzione esteriore dell'arte ha bisogno della sua fiamma interiore: l'atto sacrificale che sottrae il gesto alla serialità e lo restituisce all'istante eterno. — Diego Cinquegrana
