Svetlov, Dugina, Kovalenko, Arutyunov – Sul Decreto per la conservazione e il rafforzamento dei valori tradizionali – Parte I
«L’influenza ideologica e psicologica sui cittadini porta all’imposizione di un sistema di idee e valori estranei al popolo russo e distruttivi per la società russa (di seguito: “ideologia distruttiva”), compresa la coltivazione di egoismo, permissivismo e immoralità, la negazione degli ideali del patriottismo, del servizio alla Patria, [...]». — Decreto del Presidente della Federazione Russa n. 809 del 9 novembre 2022, Art. 14
Prima parte di un incontro di straordinario rilievo filosofico e politico dedicato all’analisi del Decreto del Presidente della Federazione Russa per la conservazione e il rafforzamento dei valori tradizionali.
L’incontro – promosso da Sole del Nord, avamposto culturale di riflessione, formazione e rinascita intellettuale – ha riunito attorno alla tavola del pensiero multipolare filosofi, sociologi, politologi e tradizionalisti per esplorare il significato profondo – non meramente normativo – dei “valori tradizionali”.
Tra i relatori spiccano le voci autorevoli del prof. Roman Svetlov, accademico e presidente della Società Filosofica Platonica, di Darya Platonova Dugina, filosofa tradizionalista e politologa, e di Vladimir Kovalenko, sociologo della religione, accompagnati dal moderatore e sociologo Nikolai Arutyunov.
Nel corso della prima parte del dialogo, i partecipanti si confrontano su una domanda fondamentale: che cosa intendiamo per “valori tradizionali”? Le risposte si articolano su più livelli: da una definizione politico-sociale di stampo collettivista, alla visione metafisica della tradizione come verticalità sacra, fino a una lettura dialettica che ne riconosce la natura dinamica e trasformativa.
Svetlov sottolinea il ruolo dei valori come fondamento di un orizzonte condiviso, capace di generare consenso e identità collettiva. Dugina, attingendo al pensiero di Julius Evola, ne evidenzia l’anima verticale e metafisica: la tradizione come gerarchia tra ciò che è superiore e ciò che è manifestazione. Kovalenko, infine, pone in questione la fissità della tradizione, interpretandola come organismo vivente, storicamente mutevole ma spiritualmente continuo.
Il decreto presidenziale – oggetto dell’incontro – appare così come un tentativo di riscrivere un patto identitario, fondato sulla conservazione, il rafforzamento e la difesa dei valori tradizionali nel tempo presente. Un tentativo che mira a conciliare elementi solo apparentemente inconciliabili: il primato dello spirituale con i diritti dell’individuo, l’autorità collettiva con la libertà personale, il sacro con il secolare. Ne emerge un quadro sfaccettato, che riflette la sfida delle comunità di destino nel definire ed affermare il proprio ethos nella transizione multipolare.
Questo primo segmento della discussione getta le basi per un’indagine più profonda sul senso dei valori tradizionali e sul loro rapporto con la sovranità culturale. Sole del Nord, più che uno spazio culturale, si propone come una vera e propria fucina di senso, dove l’oro dei significati viene estratto direttamente dal sottosuolo della memoria spirituale eurasiatica.
Ma cosa fare in colonia, dove l’“ideologia distruttiva” persevera nell’opera sistematica di avvelenamento dei pozzi, ai quali le masse continuano ad abbeverarsi con entusiasmo?
Cosa fare in colonia, dove l’individualismo spezza ogni orizzonte comune, dove l’immediatezza dell’essere-avere dissolve ogni continuità organica, ogni legame di senso, ogni possibilità di condivisione? Dove la prospettiva è soltanto orizzontale, e oltre l’individuo – frantumato – non c’è nulla? E la verticalità si esprime esclusivamente in termini di caduta?
Se, come spiegano i relatori, i valori tradizionali:
• sono ciò che crea un orizzonte comune di consenso e comprensione;
• sono ciò che consente di riconoscere la propria posizione nel tempo, nella storia e nel destino;
• sono ciò che trascende l’individuo, eppure lo costituisce – poiché senza tradizione non siamo nulla;
allora in colonia si impone l’imperativo categorico: ritornare alla Tradizione come Realtà Viva e operante nella storia.
Lo ricorda Carlo Terracciano:
«Il vero Uomo della Tradizione DOMINA realmente le situazioni esterne con la propria interiorità, si IMPONE naturalmente, conseguenzialmente e a tutti i livelli [...] Anche se all'acciaio del pensiero dovremo mischiare il fiele della calunnia o, forse presto, persino la nostra stessa linfa della vita, cosa importa? Anzi; la tempra sarà migliore, perché il sacrificio personale, l'esempio portato all'estremo, danno ad ogni attività la magica forza dell'ineluttabile e dell'irreparabile».
E noi - in colonia - quale migliore spada potremmo impugnare per decollare servi e padroni dell’“ideologia distruttiva”, se non quella forgiata nella grande fucina di Efesto?
Dies irae. Quis contra nos?
Diego Cinquegrana
